Nel "lotto" di promo inoltratomi dalla
Avant! Records, oltre a
Contrepoison e allo split tra Sangue De Muerdago e Novemthree (ne parlerò su
Ondarock), c'era anche il full-length di debutto degli australiani
NUN.
La scena di Melbourne si conferma essere piuttosto vivace: la sola etichetta bolognese ha già due band locali in catalogo, ovvero il duo darkwave White Hex (in arrivo un nuovo album per Felte/IT Records) e Lakes, la creatura neofolk di Sean Bailey.
Attivi da fine 2011, i NUN hanno condiviso più volte il palco con queste due realtà, con le quali hanno in comune sicuramente le atmosfere "oscure", gotiche; differente è però la formula con cui viene proposta la loro musica, squisitamente synth-oriented.
Nei dieci capitoli di "Nun" convivono diverse anime, racchiuse tra il drone roccioso di "Immersion II" e il rumorismo wave di "In Blood": brani come "Evoke The Sleep" e "Suppress Electricity", ad esempio, portano alla mente una versione dancey del deathrock sintetico delle mitiche Subtonix, mentre in "Kino", teutonica già dal titolo, emerge lo spettro delle Malaria e della Berlino Ovest ottantiana.
L'irresistibile connubio tra synthpunk e goth pop produce omaggi al sensitivo Uri Geller e al regista David Cronenberg; il cinema l'horror è peraltro una delle passioni e delle influenze tematiche principali per il combo australiano, che ama anche Carpenter e gli horror britannici dei 70s.
Una simile eterogeneità non è però sinonimo di mancanza di coesione: il tutto è amalgamato alla perfezione grazie alla voce di Jenny Branagan, impetuosa, magnetica protagonista, e al "tappeto" di synth che confeziona un rock'n'roll elettronico vibrante e pulsante, memore del minimalismo e delle "ripetizioni" dei Suicide ma arricchito appunto dalle "visioni" personali di questi quattro punk australiani.